“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come scrive San Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (Efesini 2,19).
Ogni nazione, ogni popolo, ogni uomo che abita sulla casa comune porta con sé un bagaglio colmo di diversità culturali: dal cibo alla gestualità, dalle abitudini al modo di vestire. Ciò va tenuto presente in ogni dinamica tra accogliente e accolto, tra straniero e cittadino, tra ospitante e ospite, tra integrante e integrato, al fine di cogliere pienamente la possibilità di ricchezza che offre lo scambio tra culture. Difatti, la parola integrare nel suo significato etimologico vuol dire “rendere integro” o ancora meglio “rendere intero”. Ciò sta a significare che integrare non rappresenta una azione unilaterale dove Tizio “integra” Caio, ma un movimento reciproco che rende completi, dona interezza e arricchisce entrambi i soggetti che vi partecipano.
Ecco alcune possibili spunti concreti per dipingi le #piazzedipace:
- vivere un momento di preghiera interreligiosa;
- condividere una cena etnica composta di pietanze tradizionali di altre culture;
- organizzare momenti che favoriscano la reciproca conoscenza della storia e/o cultura di tra ospitanti ed ospiti. cultura di tra ospitanti ed ospiti.