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Adriano Mascarino, GiFra Pavia

Nel mondo con sguardo concreto


Lunghe ore di viaggio ci separavano da un punto interrogativo che non sapevamo ancora sostituire con una risposta. Il motore è la fiducia e il desiderio di scoprire qualcosa di nuovo su un argomento che tanto ci appassiona. Ma sette ore di macchina in piena notte non si fanno per caso. C’è qualcosa che ci ha colpito così tanto da rendere quest’avventura un desiderio grande. Per questa ricetta serve una base, un presupposto fondamentale che, a mio parere, tutti i credenti, più ancora che i non, dovrebbero avere: l’impegno civico, la voglia e il desiderio di donare qualcosa alla società che ci circonda, di essere parte di un cambiamento, di scegliere consapevolmente ogni volta che, in qualità di cittadini, ci viene chiesto. Se questo presupposto viene affiancato da un cammino di fede e se le due cose vogliono essere parte concreta della nostra vita, esse vanno unite e amalgamate. Questo ci veniva promesso dalla scuola di politica. Non stavamo andando a sentire il solito discorso da campagna elettorale, tutto promesse e concetti astratti, non stavamo andando ad ascoltare una catechesi sull’impegno politico che un cristiano deve avere, stavamo andando a fare qualcosa di diverso, andavamo a fare queste due cose assieme e nessuna delle due; questo ci attirava nella capitale, sconfiggendo i mille impegni quotidiani, il costo del viaggio e le ore di guida.

Ottanta giovani si riuniscono a Roma per udire parole che sanno di concreto e condividere idee e opinioni. Tutti animati dalla voglia di impegnarsi e di mettersi in gioco in una società che di giovani di questo tipo ne cerca sempre.

La lettura del Vangelo di Luca (Lc 10,29-37) e l’introduzione di p. Francesco Occhetta ci lanciano in una dimensione che ha il sapore del bello e della novità. Non capita spesso di unire la fede all’impegno politico in un’unica giornata o, addirittura, in un unico discorso; eppure, anche in questo ambito, il cristiano può fare della propria fede e dei propri ideali una lampada che ne illumini le scelte.

L'ex Ministro Delrio interviene poco dopo; usa parole forti, non nega la realtà fingendo di sognare, illustra con calma e serenità i rischi che l’essere città presenta, così come i vantaggi che questa particolare realtà può donare. Ci introduce, così, in due differenti scenari: la città chiusa ed esclusiva, dove paura e diffidenza spadroneggiano senza avversari, e la città aperta, la città come luogo di confronto e di prossimità, come luogo dove ci è dato di conoscere ciò che è per noi così diverso. Nella città, continua Delrio, nessuno può raggiungere la piena felicità da solo. Questa deve essere una spinta per uscire dalle nostre case e dai nostri egoismi e mettere noi stessi al servizio di un bene comune, realizzabile attraverso relazioni più profonde e azioni guidate dal connubio fondamentale tra responsabilità e autonomia.

Al temine dell’intervento e delle domande dei presenti, si passa al confronto. Veniamo divisi in dieci gruppi e ci vengono assegnati due casi concreti di partecipazione all’amministrazione dei beni comuni, focalizzati sul rapporto tra istituzioni e volontariato. È un momento meraviglioso, idee, formazioni ed esperienze differenti vanno a mescolarsi in un dialogo appassionato ma rispettoso. Ognuno ne esce arricchito da ciò che gli altri hanno saputo donargli e il desiderio di ritrovarsi a discutere di temi simili si fa avanti già al termine del momento di laboratorio e perdurerà fino all’incontro successivo.

Ognuno torna alla propria casa, alla propria realtà, chi al proprio gruppo chi alla propria fraternità ma quella singola mattina ha già acceso qualcosa di grande, qualcosa che ci rende chiara l’importanza, anche per un giovane francescano, di essere uomo o donna informato, di essere cittadino attivo e dinamico che non si accontenta di cambiare o migliorare le cose nella propria fraternità, nel proprio ambiente protetto e custodito ma vuole e deve uscire nel mondo per portare ciò che in quell’ambiente protetto lo arricchisce.


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