Commento al Vangelo di Giovanni 10,27-30
Nella domenica del Buon Pastore, l’evangelista Giovanni usa un linguaggio per noi abbastanza ostico e forse poco comprensibile. Per chi ha la grazia di vivere in campagna o di andare a rilassarsi qualche fine settimana in un agriturismo (tanto in voga oggi), può imbattersi ancora in un gregge di pecore. Ma nella cultura attuale forse la figura del pastore è quasi sconosciuta,mentre parlare se vieni chiamato pecora quasi ti offendi: oggi è una pecora chi è senza carattere ed è capace solo di andare dietro agli altri, insieme agli altri del gregge, massa anonima dove si annulla la personalità di ciascuno.
Invece, l’immagine biblica del pastore e del gregge ha un significato completamente positivo: il pastore è spesso Dio stesso o Gesù. Il pastore guida amorevolmente il suo gregge, si preoccupa che rimanga unito e che le sue pecore siano preservate da ogni pericolo.
Il buon pastore conosce una ad una le sue pecore, nessuna è anonima, si preoccupa per ciascuna, e quando fanno ritorno all’ovile le conta perché nessuna vada perduta: se ne manca una, lascia le altre per cercare quella perduta.
In un tempo in cui la violenza, le brutalità, lo sfruttamento dei poveri, la chiusura nell'anonimato, la tendenza a considerare una persona come un numero, la manipolazione dell’opinione pubblica a scopo di potere, ...,sembrano avere la meglio sull’uomo che si sente solo, contro tutti e contro tutto, abbandonato, avvilito,una persona frustrata:come pecora senza pastore.
Gesù, presentandosi come il pastore buono e bello, capovolge questa visione della vita, instaurando rapporti personali con ciascuno, rapporti d’amore, rapporti dove non si naufraga nell'anonimato, rapporti non virtuali.
Noi, che a volte ci riconosciamo pecore malate, stanche, abbandonate, abbiamo questa promessa e speranza pasquale: «non andranno mai perdute» (v. 28).
Il buon pastore è disposto a dare la sua vita per loro. In ogni istante della nostra vita, sentiamo vicino l’amore di Gesù che si mostra sempre interessato alla nostra avventura umana. Anche sotto forma di protezione,«nessuno le rapirà dalla mia mano» (v. 28), Gesù ci fa sentire ancora più protetti mettendoci nelle mani del Padre (la mano nella Bibbia spesso è la metafora della potenza protettrice di Dio).
Che bella notizia: non andiamo alla deriva!
«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono» (v. 27).
Ascoltare-conoscere-seguire:tre verbi che indicano l’itinerario spirituale del cristiano, un vero programma di vita.
Ascoltare,in cui è impegnata la mente: il vero ascolto che si fa obbedienza.
Conoscere,in cui impegnato il cuore: non si conosce veramente se non ciò che si ama. È la conoscenza nell’Amore.
Seguire,in cui impegnata la volontà: che fa muovere i miei passi dietro Colui che ho ascoltato, che ho amato.
Con Francesco d’Assisi, possiamo essere convinti che:
“Dove è amore e sapienza, ivi non è timore né ignoranza.
Dove è pazienza e umiltà, ivi non è ira né turbamento.
Dove è povertà con letizia, ivi non è cupidigia né avarizia.
Dove è quiete e meditazione, ivi non è affanno né dissipazione.
Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa, ivi il nemico non può trovare via d’entrata.
Dove è misericordia e discrezione, ivi non è superfluità né durezza”.
(dalle Ammonizioni di San Francesco -AmmXXVII,FF177)
In questa domenica, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ci giunge questo importante messaggio: siamo nelle mani del Buon Pastore, che ci conduce amorevolmente ad uno ad uno. Un rapporto così personale da farci vivere l’incredibile.
Oggi ognuno di noi è invitato a scegliere:vuoi stare dalla parte delle pecore con il buon Pastore o dalla parte dei lupi, quelli cattivi? Attenti al lupo!!!