Dal Vangelo di Luca 7, 17-17
In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Dal messaggio del Santo Padre per la XXXV Giornata Mondiale della Gioventù 2020 (Domenica delle Palme, 5 aprile), 05.03.2020
Gesù ferma il corteo funebre. Si avvicina, si fa prossimo. La vicinanza si spinge oltre e si fa gesto coraggioso affinché l’altro viva. Gesto profetico. È il tocco di Gesù, il Vivente, che comunica la vita. Un tocco che infonde lo Spirito Santo nel corpo morto del ragazzo e riaccende le sue funzioni vitali.
Quel tocco penetra nella realtà di sconforto e disperazione. È il tocco del Divino, che passa anche attraverso l’autentico amore umano e apre spazi impensabili di libertà, dignità, speranza, vita nuova e piena. L’efficacia di questo gesto di Gesù è incalcolabile. Esso ci ricorda che anche un segno di vicinanza, semplice ma concreto, può suscitare forze di risurrezione.
Sì, anche voi giovani potete avvicinarvi alle realtà di dolore e di morte che incontrate, potete toccarle e generare vita come Gesù. Questo è possibile, grazie allo Spirito Santo, se voi per primi siete stati toccati dal suo amore, se il vostro cuore è intenerito per l’esperienza della sua bontà verso di voi. Allora, se sentite dentro la struggente tenerezza di Dio per ogni creatura vivente, specialmente per il fratello affamato, assetato, malato, nudo, carcerato, allora potrete avvicinarvi come Lui, toccare come Lui, e trasmettere la sua vita ai vostri amici che sono morti dentro, che soffrono o hanno perso la fede e la speranza.
Dalle Fonti Francescane
Legenda Maggiore di San Bonaventura da Bagnoreggio
1231. Una volta, d'inverno, il Santo stava compiendo un viaggio, cavalcando, per la debolezza fisica e l'asperità della strada, un asinello, di proprietà d'un poveruomo. Non poterono giungere all'ospizio prima del calar della notte e dovettero pernottare sotto la sporgenza d'una roccia, per evitare in qualche modo i danni della neve. Il Santo si accorse che il suo accompagnatore brontolava sottovoce, si lamentava, sospirava, si agitava da una parte e dall'altra, perché aveva un vestito troppo leggero e non riusciva a dormire a causa del freddo intenso. Infiammato dal fuoco dell'amor divino, egli stese allora la mano e lo toccò. Fatto davvero mirabile: al contatto di quella mano sacra, che portava in sé il carbone ardente del serafino, immediatamente quell'uomo si sentì invadere, dentro e fuori, da un fortissimo calore, quasi fosse investito dalla fiamma di una fornace. Confortato nello spirito e nel corpo subito s'addormentò, fra sassi e nevi, e dormì fino al mattino, più saporitamente di quanto avesse mai riposato nel proprio letto, come poi raccontò lui stesso.
Tutti questi sono indizi sicuri, da cui risulta che quei sacri sigilli furono impressi dalla potenza di Colui che, mediante il ministero dei serafini, purifica, illumina ed infiamma.
Per riflettere
Oggi riflettiamo su “Si avvicinò e toccò la bara”. Il Papa spiega questo versetto scrivendo Si avvicina, si fa prossimo: quando c’è una situazione di dolore i passaggi che il Papa ci consiglia di fare sono, avvicinarci e farci prossimi. Spesso ci capita, invece, di farci prossimo all’altro senza esserci avvicinati prima a lui: aiutiamo gli altri e ci facciamo prossimi a chi ha bisogno, ma a distanza, senza avvicinarci; facciamo vincere sempre i pregiudizi verso l’altro che non ci lasciano vivere una relazione di verità col nostro fratello. Ed io riesco ad avvicinarmi e poi ad aiutare? Quali sono le paure che non mi permettono di farlo?
Sì, anche voi giovani potete avvicinarvi alle realtà di dolore e di morte che incontrate, potete toccarle e generare vita come Gesù: il Papa ci incoraggia ad avvicinarci alle tante esperienze di dolore che ci sono nel mondo e a toccarle per generare vita. Ormai non è più tempo di pensare che non ce la facciamo: il mondo ha bisogno di essere toccato dai noi giovani. Questo è possibile anche adesso che siamo costretti a stare a casa: stando vicino telefonicamente a coloro che sappiamo essere soli, mettendoci al servizio di un anziano vicino di casa che non ha possibilità di fare la spesa o di andare in farmacia. Reinventiamo secondo le nostre modalità il nostro essere giullari di Dio, ancora di più in questo tempo di emergenza.
Dalle Fonti Francescane leggiamo di un episodio in cui San Francesco si trova con un accompagnatore e quest’ultimo soffre il freddo. Il Santo infiammato dal fuoco dell'amor divino, stese allora la mano e lo toccò: un tocco che dona calore forte, dentro e fuori. Quanto siamo capaci anche noi di toccare e donare calore? Ciò che ci permette di essere capaci di donare calore è lo Spirito Santo se, come ci ricorda il Papa, prima di ogni cosa, è il nostro cuore ad essere intenerito per l’esperienza della Sua bontà verso di noi.
Impegno per la settimana
È particolare parlare di “avvicinarsi e toccare” in un momento in cui la vicinanza e il contatto fisico non possono esserci. Avvicinarsi e toccare esprimono un mettersi in moto, un’azione, un coinvolgimento concreto nei fatti e nelle opere. Quell’elenco di persone che fa il Papa “il fratello affamato, assetato, malato, nudo, carcerato” ricorda le opere di misericordia corporali. Ciò è ancor più significativo in questo tempo di Quaresima in cui una delle vie da percorrere è l’elemosina: quel gesto concreto di carità e misericordia per il prossimo. E allora oggi come ci si può fare prossimi, come si può toccare chi è nella sofferenza, anche se siamo costretti a stare a casa? Gli impegni concreti per la settimana sono svariati, in base alle nostre possibilità ed esigenze:
- partecipare alla raccolta fondi Ofs e Gifra d’Italia Pietra su Pietra riconvertita per l’emergenza Coronavirus;
- donare qualcosa alla Caritas parrocchiale;
- essere vicini a chi è solo: aiutare l’anziano vicino di casa che ha bisogno di andare in farmacia, oppure telefonare la nonna o lo zio che vivono soli, e che non solo hanno bisogno di essere protetti non avendo contatti, perché rientrano nelle categorie più deboli, ma anche, e soprattutto, hanno bisogno di sentire che sono amati e che non sono soli.
Questo tempo a casa può farci riscoprire la dimensione dell’ avvicinarci e toccare la sofferenza ancora di più. Non lasciamoci sfuggire quest’occasione di misericordia che ci viene offerta!
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